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La bambola


di Motogenova2024
28.01.2025    |    12    |    1 8.7
"Il completo era quanto di più volgare potesse pensarsi: una cortissima minigonna a scacchi, una camicetta striminzita e delle calze di cotone alte fin sopra..."
Non erano amici, non lo sarebbero mai stati: erano troppo diversi. Lui, svogliato rampollo di una ricca famiglia, iscritto all’università perché papà deve lasciargli il ben avviato studio ma deciso a restare fuoricorso per godere della vita dello studente il più a lungo possibile; Lei, mente brillante, un lavoro part time sottopagato per aiutare i suoi genitori a sostenere le spese di univarsitaria fuori sede ma nonostante questo mai un esame sotto il 28. Lui più in giro per feste e discoteche che chino sui libri, lei sempre con un libro a portata di mano per usare ogni più piccolo momento per studiare. Si erano conosciuti tramite una coppia di amici comuni che li avevano “costretti” ad una uscita a 4, certi che lei sarebbe stata in grado di far mettere la testa a posto a lui e lui sarebbe stato in grado di far diventare un po’ meno seriosa lei. Si erano stati antipatici da subito, ma avevano portato a termine la serata. Con una scusa gli amici avevano fatto in modo di andarsene lasciandoli da soli. Tra un silenzio imbarazzante e l’altro l’unica cosa da fare era ordinare ancora da bere. Lei ad un certo punto decise che la serata era durata abbastanza. “Direi che possiamo tornarcene a casa. Non ti offendere, ma proprio non sei il mio tipo…”. Era riuscita a trovare l’unico argomento in grado di stuzzicare un narcisista come lui. “E perché non sarei il tuo tipo ?”. Forse i drink erano stati un paio di troppo perché quello che le passava per la testa le uscì involontariamente dalla bocca: “Non ti ci vedo a destreggiarti tra guinzagli e fruste”. Lui rimase a bocca aperta. Ormai le era scappato, tanto valeva premere sull’acceletatore, tanto non si sarebbero mai più rivisti. “Pensavi che non uscissi mai perché le serate le passo a casa a studiare? Non esco mai perché i pochi momenti di svago che mi restano li riservo ad attività che difficilmente si possono fare in pubblico. Ho gusti MOLTO particolari”.
Ripresosi dallo stupore, colse la palla al balzo. “Anch’io adoro tutto quanto è sesso, ma purtroppo non ho mai trovato la partner giusta. Le ragazze che ho portato a letto si sono sempre rivelate tanto belle quanto poco passionali. Mi sarebbe sempre piaciuto avere qualcuno con cui condividere le mie fantasie, ma finora è stata dura anche solo trovare qualcuna che accosentisse a fare un po’ di anal controvoglia”
“Beh, se ti va questo è il mio numero. Ma ricorda: solo piacere reciproco. Non voglio impelagarmi in relazioni che mi distoglierebbero dallo studio”.
E così era iniziato il loro strano rapporto. Nessun legame, nessuna implicazione. Solo sesso.
Dopo qualche giorno lei ricevette un messaggio. Le veniva indicato un hotel, seguito da giorno e ora. Si presentò alla reception in perfetto orario, il portiere le chiese il nome e, confermata la prenotazione, le consegnò la chiave della stanza. Pensava di trovarlo ad aspettarla, invece trovò solo un biglietto e dei vestiti sul letto. “Indossali e aspettami in piedi al centro della stanza. Il concierge è un amico, mi avvertirà che sei arrivata e io ti raggiungerò in pochi minuti”. Il completo era quanto di più volgare potesse pensarsi: una cortissima minigonna a scacchi, una camicetta striminzita e delle calze di cotone alte fin sopra al ginocchio. Completava il tutto una parrucca bionda tanto appariscente quanto improbabile. Niente intimo, né reggiseno né tantomeno mutandine. Finito di vestirsi si guardò nel grande armadio a specchio e vide quelllo che era il peggior stereotipo di studentessa da film porno di infima categoria. Rimase un po’ delusa, si aspettava qualcosa di più “fantasioso” di uno stupido cosplay. Mentre rimuginava, sentì aprire la porta. Si girò per salutarlo ma appena aprì la bocca lui la zittì. “Le bambole non parlano, e tu oggi sarai la mia bambola: non puoi parlare, non puoi muoverti, non puoi gemere. Puoi solo rimanere nella posizione in cui ti metto e aspettare. Sei libera di andartene se non ti piace questo gioco, ovviamente”. Rimase immobile. Il gioco la intrigava, ed era decisa ad assecondarlo. “Bene”. Cominciò a girarle intorno, squadrandola da capo a piedi. Quando le fu dietro alzò la quasi inesistente gonna e dopo essersi beato della vista del giovane e sodo culo le diede uno schiaffo su una natica. L’area colpita arrossì leggermente, ma lei non si mosse e non emise un suono. Un altro schiaffo, più forte. Anche l’altra natica arrossì. Restò ancora ferma. Si spostò di fronte, e le infiló la mano sotto la gonna, passandole un dito lungo il solco della vagina, già umida di piacere. Lo stesso dito glielo passò sulle labbra, aprendole leggermente la bocca e facendole assaggiare sulla lingua il suo stesso sapore. “Queste bambole moderne sono ben fatte, sembrano proprio vere”. La prese per i fianchi e la adagiandó a pancia sotto sul letto con le gambe che sporgevano dal bordo. Gliele piegò facendo appoggiare le ginocchia sul pavimento, divaricandole leggermente. In quella posizione quel poco di gonna lasciava scoperto il solco delle natiche che era un tutt’uno con le grandi labbra, già gonfie e madide. Lei con il volto nel materasso non poteva vedere nulla ma lo sentiva armeggiare con qualcosa. Subito dopo una sensazione di un liquido viscoso che le colava tra le chiappe mentre un vago profumo di fragola riempiva la stanza, poi qualcosa di freddo, liscio e metallico si fece strada nel suo buco del culo. Le stava infilando un plug, riconobbe la sensazione di piacere mentre questo si faceva strada dentro di lei ed il suo sfintere si richiudeva sulla stretta base, mentre l’ogiva le preveva piacevolmete nelle sensibili pareti dell’intestino. Le braccia di lui la rivoltarono nuovamente, facendola mettere seduta sul letto. In quella posizione il plug le provocava un brivido di piacere, acuito da ogni più piccolo movimento. Iniziò a muoversi in maniera impercettibile poi la libidine prese il sopravvento sulle istruzioni ricevute e iniziò a muovere il bacino avanti e indietro. Lui se ne accorse “non va bene, non va per niente bene… pensavo che le bambole non si muovessero. Che non sia davvero una bambola?” Le sganciò i due bottoni che tenevano (non senza difficoltà) chiusa la camicetta scoprendo così i seni i cui capezzoli, scuri ed eretti, tradivano l’eccitazione crescente. Le prese un capezzolo tra le dita, lo torse e strizzò leggermente. Il misto di eccitazione e dolore che le provocava quel gesto la percorse fino alla clitoride. Era ormai talmente eccitata che stava bagnando il copriletto div’era seduta, ma riuscì a rimanere immobile non facendo trasparire all’esterno la tempesta di sensazioni che provava. “Bene, devo essermi sbagliato”. Soddisfatto, con il pollice sul mento le aprì la bocca, lasciandola così mentre lui cominciava a spogliarsi. Si tolse i jeans e il suo pene già ben eretto saltò quasi fuori dai boxer, la punta gonfia si trovò a pochissimi centimetri dalla bocca di lei che a quella vista provó una improvvisa brama di succhiarlo. Lui se ne accorse e decise che sarebbe stato divertente farsi desiderare un po’. Continuò a spogliarsi ma lo fece molto più lentamente avendo cura di avvicinare il più possibile la cappella, che l’eccitazione del gioco erotico stava gonfiando sempre più, alle labbra di lei che ancora lo fissava con voglia e la bocca completamente aperta, nella posizione impostale da lui. Quando fu completamente nudo lei stava ormai impazzendo dalla voglia, la vista del glande la cui punta era imperlata dalle prime gocce di liquido preseminale la ammaliava. Lui le mise le mani sulla nuca e tirò la testa verso di se, penetrandole la bocca fino a che non sentì il glande toccarle il fondo della gola. Lei ebbe un brivido ma non senza sforzo riuscì a rimanere immobile, come quel gioco perverso le imponeva. Lui cominciò a muoversi avanti e indietro tenendole la testa ferma con le mani, eccitato dalla saliva causata dalla stimolazione della gole che, ormai troppo copiosa, colava dai lati della bocca scorrendo lungo i seni, segno tangibile dell’ormai cieco abbandono al piacere di tutti i freni inibitori. Dovette interrompere poco dopo perché sentiva che ormai stava per venire, ma era troppo presto e voleva godere di quel pomeriggio il più a lungo possibile. La rimise in piedi e toltale la camicetta la usò per ripulirle il seno e la faccia alla bella e meglio lasciandola quasi completamente nuda ed alla sua mercè. Le passò dietro e mettendole una mano sulle spalle la piegò in avanti. In quella posizione poteva vedere il plug che faceva capolino tra le chiappe sode. Ne afferrò la base e cominciò a muverlo dentro e fuori, su e giù, a destra ed a sinistra per stimolare le molte terminazioni nervose dello sfintere mentre con l’altra mano allargava le grandi labbra per aprirsi una via verso il clitoride. Lei stimolata in quel modo sentiva il suo sesso inumidirsi sempre più all’avvicinarsi dell’ormai prossimo orgasmo, mentre lievi contrazioni incontrollabili le facevano fremere la vagina. Lui si accorse di quello che stava per succedere e si fermò. Non le avrebbe permesso di liberarsi così facilmente. La prese di peso e la mise prona sul letto, poi cingendole il bacino la tirò verso l’alto per metterla nella posizione ass up, face down. Se quella doveva essere la conclusione , sarebbe stata alle sue condizioni. Le tolse il plug e lo sfintere, ormai accogliente per la dilatazione subita, sembrava un’invito alla penetrazione. Puntò la cappella sul buco e con una leggera spinta, aiutata dall’abbondante lubrificazione precedente, entró senza sforzo fino a che non colpì la fica con i coglioni. Prese a muoversi avanti e indietro e ad ogni colpo sentiva il suo piacere aumentare e la vagina di lei sempre più irrequieta. Cercava di rallentare il ritmo nel vano tentativo di prolungare all’infinito il momento magico che precede l’orgasmo, ma la voglia era troppa e sentiva ormai i miscoli contrarsi per poter finalmente sborrare e raggiungere l’apice del piacere. Senza fermarsi si chinò verso di lei e le sussurrò all’orecchio “adesso puoi muoverti…”. Quella frase fece scattare la molla e tutti i fremiti di piacere, mugolii ed gemiti che per gioco aveva dovuto trattenere esplosero insieme con una potenza decuplicata portandola verso l’orgasmo più squassante e intenso che avesse mai provato. Nell’istante in cui lui non riuscendo più a resistere eiaculava ed i caldi schizzi del suo seme le invadevano l’intestino lei venne inarcando la schiena ed emettendo un verso quasi animaleso, manifestando tutto il suo piacere con copiosi getti di liquido che spruzzavano dalla vagina. Quei pochi secondi furono così intensi che parvero durare in eterno e richiesero una lunghissima pausa anche solo per recuperare la forza di riuscire a parlare.
“È la prima volta che squirto, è stato interessante”. Detto questo lei si alzò, con le gambe ancora tremolanti, prese i vestiti ed andò a fare la doccia. Uscì dopo alcuni minuti e se ne andò lasciandolo nudo e sfinito sul letto, senza neanche salutarlo ma dicendogli solo “la prossima volta scelgo io il gioco”. Del resto non erano amici, e non lo sarebbero mai stati: erano troppo diversi.
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